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Lavoro in libertà per il cavallo: tra moda e reale utilità

Lavoro in libertà per il cavallo: tra moda e reale utilità


Negli ultimi anni il lavoro in libertà è diventato una vera tendenza nel mondo dell’equitazione e dell’addestramento. Sempre più spesso si vedono cavalli che girano in campo o in tondino senza finimenti, guidati unicamente dal linguaggio corporeo e dalla voce dell’operatore.


Sulla carta è un metodo interessante, capace di sviluppare un dialogo più raffinato tra cavallo e uomo, e avanzare nell'addestramento fisico del cavallo.

È un lavoro molto tecnico.


Nella pratica, però, la maggior parte dei cavalli lavora male. Più della metà esegue esercizi approssimativi, privi di reale utilità tecnica e non impegna il fisico correttamente. Un lavoro che, ben eseguito, è un toccasana fisico, diventa purtroppo un banalissimo "muovere il cavallo senza niente".


Che cosa significa davvero “lavoro in libertà”

Lavorare in libertà non significa semplicemente lasciare il cavallo libero.

Vero che non ha finimenti, ma il cavaliere a terra deve comunicare e guidare il cavallo, quindi non è "libero", sta lavorando senza finimenti.

È un’attività che richiede competenza, osservazione e precisione.
Serve conoscere la biomeccanica per capire come il cavallo si muove, serve la capacità di leggere le reazioni e dare indicazioni chiare senza contatto diretto.

In altre parole, è un lavoro che, per essere efficace, deve essere gestito con la stessa cura di qualsiasi altro tipo di lavoro insieme al cavallo.

I vantaggi, quando è fatto bene

Se condotto correttamente, il lavoro in libertà permette di vedere come il cavallo si muove in modo naturale, senza interferenze meccaniche, questo ci aiuta a capire a che punto siamo con il lavoro da sella o alla longia, soprattutto nelle fasi di addestramento, riaddestramento e riabilitazione.
Questo perché se togliendo tutto lavora bene, allora il lavoro è stato ben eseguito, se invece togliendo tutto è come prima, se non peggio, allora c'è qualcosa da rivedere.


Aiuta a fissare senza condizionamento materiale la postura fisica richiesta durante il lavoro, con il vantaggio di un cavallo che in sella necessiterà di un contatto minimo per un buon impegno del corpo.


Aiuta a migliorare la comunicazione, perché il cavallo deve imparare a rispondere a segnali minimi e a seguire la posizione dell’operatore, e l'operatore deve essere chiaro e pulito nelle richieste, e nella comunicazione in generale.


Può stimolare l’autonomia mentale del cavallo e offrire un allenamento più vario e fluido, utile anche per spezzare la routine di lavoro in sella o alla longe.


Gli svantaggi, quando è fatto male

Il problema è che, senza controllo diretto, diventa molto facile perdere precisione.
Un cavallo poco educato o poco attento può ignorare i segnali, o muoversi in maniera scorretta, sviluppando cattive abitudini posturali.


In molti casi il cavallo “segue” l’operatore solo perché abituato a farlo o in attesa di un premio, senza apprendere davvero nulla. Il risultato è un esercizio che sembra spettacolare agli occhi di chi guarda, ma che sul piano tecnico non porta nessun miglioramento, anzi, rischia di peggiorare la qualità del lavoro complessivo.


Ancor più spesso il cavaliere da terra è causa di problemi, poiché comunica con il cavallo in modo approssimativo, o non è in grado di capire se il cavallo lavora bene o mane, fissando così abitudini posturali non ideali.



Il lavoro in libertà è un arricchimento al lavoro montato o alla longe.

Funziona se inserito in un programma strutturato, con obiettivi chiari e valutazioni costanti. Altrimenti resta solo una moda che fa perdere tempo, creando cavalli che sembrano “liberi” ma che, in realtà, non lavorano né correttamente né in armonia con l’uomo.


Copyright © 2014 – data odierna
Il Cavallo - Benessere & Bellezza di Lisiana Patalano.
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